martedì 18 luglio 2017

#40 Cosa penso di: L'esercito dei 14 bambini | recensione |

Terza lettura pronta per voi!
Ho comprato questo libro quasi a scatola chiusa, cosa che non sarebbe mai da fare, ma io l'ho preso in ebook a 0,99€ quindi ok!
Ma andiamo alla recensione.


L'esercito dei 14 bambini
di Emmy Laybourne.

Editore: Newton Compton Editore
Pagine: 309
Prezzo: 9,90€ (ebook 4,99€)

Trama:

Quattordici studenti di diverse età sono rimasti intrappolati all'interno di un gigantesco supermercato a Monument, in Colorado. Lì dentro c'è tutto ciò di cui potrebbero aver bisogno: cibo di ogni genere, vestiti, videogiochi e libri, farmaci e ogni tipo di bevanda alcolica... e senza la supervisione di un adulto possono fare quello che vogliono. Potrebbe anche essere divertente. Purtroppo la verità è che fuori da lì il genere umano sta scomparendo a causa di catastrofi naturali e della dispersione di sostanze chimiche nell'atmosfera che, a seconda del gruppo sanguigno, possono provocare nelle persone disturbi paranoidi, accessi di violenza o addirittura la morte. I bambini devono rimanere all'interno, costretti ad attrezzarsi per la sopravvivenza, senza sapere se potranno mai uscire. Nonostante la giovane età, saranno in grado di cavarsela e guadagnarsi un futuro?



Non so se vi ho mai confessato il mio strano rapporto con il genere distopico.
Ad ogni modo, dovete sapere che con questo genere ho un rapporto di amore/odio che Catullo spostati!
Rientro in quella categoria di persone che non hanno apprezzato tantissimo Hunger Games, quindi capirete da voi che, quando ho letto quel "Hunger Games ha trovato il suo erede" sulla copertina, ho avuto qualche perplessità. In realtà L'esercito dei 14 bambini con Hunger Games non ha poi così tanto in comune, si potrebbe dire quasi nulla.


L'esercito dei 14 bambini (che come traduzione del titolo lascia un po' a desiderare), racconta la storia di un gruppo di ragazzini che, all'improvviso, si trova confinato dentro un supermercato, mentre all'esterno imperversano i peggiori cataclismi.
Rimasti soli, senza adulti, i ragazzi dovranno imparare non solo a cavarsela da soli, ma anche a convivere tra loro. I più grandi dovranno prendersi cura dei più piccoli, creando una piccola comunità che si sostenta grazie a ciò che il supermercato fornisce e alle conoscenze di ognuno.
Le difficoltà non sono date solo dalla solitudine e dalla giovane età, ma anche dalla mancanza di rete internet che impedisce le comunicazioni e da alcuni strani virus che si sono propagati nell'aria che agiscono in base al gruppo sanguigno.
Riusciranno a sopravvivere e a trovare il modo di tornare dai propri familiari, ammesso che siano ancora vivi?


Anche se all'inizio non sembra, questo libro è decisamente un distopico; direi un distopico/ young adult e con neanche un minimo accenno di fantasy.
Ci troviamo in un ipotetico 2024, a Monument, in Colorado, in cui tutti i computer, tablet, tv e cellulari sono stati sostituiti da apparecchi multifunzione che prendono il nome di bigtab e minitab. I libri cartacei sono molto rari, come è rara che si scriva a mano con carta e penna.
Se si pensa che, questo ipotetico futuro non  poi così lontano (mancherebbero poco più di 6 anni ), la storia si fa sicuramente più interessante.

Ma andiamo con ordine!
L'intera vicenda ci viene narrata da Dean, uno dei ragazzi che si trova coinvolto nell'incidente dello scuolabus e poi imprigionato nel supermercato.
Dean frequenta il penultimo anno di liceo ed è il classico nerd un po' sfigato che viene bullizzato dai compagni più grandi e più cool di lui.
Il sogno di Dean è fare lo scrittore, per questo decide di raccontare su un quaderno tutto quello che succede nei pochi giorni che lui e i suoi compagni saranno costretti ad occupare il supermercato.

Tutti gli altri personaggi ci vengono quindi presentato attraverso i suoi occhi. Inizialmente abbiamo un quadro del tutto soggettivo di chi lo circonda, quindi la ragazza di cui Dean è innamorato, Astrid, ci verrà descritta come la perfezione incarnata; Jake e Brayden, i ragazzi che più spesso si prendono gioco di lui, anche noi non potremo evitare di vederli come dei bulletti prepotenti e, per concludere, Niko, quello che più sembra portato alla sopravvivenza, ci viene dipinto quasi come un eroe.
Già dopo i primi capitoli, però, lo sguardo di Dean si fa più oggettivo e i vari personaggi acquisiscono una migliore caratterizzazione. Ne vediamo, in ogni caso, non solo i lati positivi, ma anche quelli negativi.
Lo stesso vale per i protagonisti più piccoli: ogni bambino, infatti, è facilmente identificabile da un particolare atteggiamento. Abbiamo Batiste che si comporta come un predicatore in miniatura, Max che racconta storie di vita vissuta come il più consumato degli adulti e così via.
Oltre a Dean, con cui è inevitabile entrare in sintonia, mi ha molto colpito il personaggio di Josie che, a causa di un brutto trauma, inizialmente passa del tutto inosservata, ma che poi si rivela essere fondamentale alla sopravvivenza e all'unione del gruppo.

L'ambientazione principale è il gigantesco supermercato di Greenway, dove i ragazzi si trovano costretti a ripararsi. Le varie sezioni ci vengono descritte in maniera accurata, al punto che sembra quasi di trovarsi a vagare tra le corsie e gli scaffali.
Nonostante l'ambientazione sia importante per lo svolgersi della vicenda, ciò che più viene messo in evidenza, non sono i luoghi nello specifico, ma l'utilizzo che i ragazzi ne fanno. Ci viene ben presentato come, nonostante la giovane età, siano tutti in grado di badare a sé stessi e agli altri. Insomma, anche in questo caso (come è giusto che sia) sono i sentimenti e l'azione a farla da padrona.

Ciò che, però, mi ha lasciata un po' perplessa è lo stile di scrittura dell'autrice.
Non si tratta di un libro scritto male, perché la mia è stata una lettura molto veloce e appassionante. Quello che manca, a tratti, è la scorrevolezza.
Mi spiego meglio.
Trattandosi di una specie di diario di bordo/diario personale di Dean, lo stile è quello di un ragazzino di sedici/diciassette anni abituato a scrivere più per sé stesso che per gli altri.
Io sono certa che lo scopo dell'autrice fosse proprio di dare questa idea al lettore, per permettergli di immedesimarsi ancora di più nella trama, e devo dire che l'espediente è ottimo!
Purtroppo, però, questo toglie anche scorrevolezza alla lettura, che spesso risulta lenta e frammentaria.
Insomma, ci vuole un po' per entrare nell'ottica di questo particolare stile.

Non mi voglio soffermare sugli errori di editing, alcuni decisamente evitabili, perché preferisco giudicare il libro per la sua trama e non per la traduzione. Ammetto che un pochettino hanno influito sul mio voto finale, ma neanche così tanto...

In definitiva, L'esercito dei 14 bambini è stata una buona lettura, diversa dal solito e dai distopici in stile fantasy a cui ero abituata. L'intera vicenda mi ha appassionato fino all'ultimo e il finale mi ha lasciato di stucco e con la voglia di leggere subito il secondo volume.
La trama, almeno per questo primo volume, non è eccessivamente complicata, ma non per questo la si può definire meno accattivante di altre.
Mi sento di consigliare questo libro a chi ama le distopie, ma anche a chi non apprezza molto il genere, perché non credo che ne resterà deluso.
Nonostante tutto, il mio voto non può essere pieno, per i motivi che vi ho illustrato qui sopra e perché non voglio farmi illusioni sul proseguo della saga.


Il mio voto è:
✰✰✰ e mezzo
3,5/5

Alla prossima!

Silvia

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