lunedì 27 novembre 2017

#71 Cosa penso di: Cecità | recensione |

Quinta lettura di novembre!


Cecità
di Josè Saramago

Editore: Feltrinelli
Pagine: 288
Prezzo: 9,50€ (ebook 5,99€)

Trama:

In un tempo e un luogo non precisati, all'improvviso l'intera popolazione diventa cieca per un'inspiegabile epidemia. Chi è colpito da questo male si trova come avvolto in una nube lattiginosa e non ci vede più. Le reazioni psicologiche degli anonimi protagonisti sono devastanti, con un'esplosione di terrore e violenza, e gli effetti di questa misteriosa patologia sulla convivenza sociale risulteranno drammatici. I primi colpiti dal male vengono infatti rinchiusi in un ex manicomio per la paura del contagio e l'insensibilità altrui, e qui si manifesta tutto l'orrore di cui l'uomo sa essere capace. Nel suo racconto fantastico, Saramago disegna la grande metafora di un'umanità bestiale e feroce, incapace di vedere e distinguere le cose su una base di razionalità, artefice di abbrutimento, violenza, degradazione. Ne deriva un romanzo di valenza universale sull'indifferenza e l'egoismo, sul potere e la sopraffazione, sulla guerra di tutti contro tutti, una dura denuncia del buio della ragione, con un catartico spiraglio di luce e salvezza.


Comincio subito col dirvi che questo libro non appartiene esattamente ad un genere che leggo spesso. Anzi, si può dire che non abbia mai letto niente di simile.


Cecità, racconta la storia di quella che sembra, a tutti gli effetti, un'epidemia di cecità.
In un luogo e in un tempo non ben precisato, piano piano un'intera comunità si ritroverà completamente cieca.
Quella che li ha colpiti, però, non è una cecità di tenebra, come ci si aspetterebbe, ma completamente bianca e lattiginosa.
Il primo ad accorgersi di essere cieco è un uomo fermo al semaforo. Subito dopo la stessa sorte capiterà all'oculista che lo prende in cura, all'uomo che l'ha accompagnato a casa, alla moglie e ai pazienti del medico. Nel giro di poco tempo, oltre trecento persone si ritroveranno rinchiuse in un ex manicomio, nel vano tentativo di prevenire il contagio.
Qui dovranno imparare a convivere con la loro condizione, privati di qualsiasi aiuto e sostegno da parte del governo: i ciechi sono rimasti soli, ma non tutti sono davvero privi della vista.
La moglie del medico ci vede ancora.
Perché lei non è diventata cieca? Cosa ha provocato questa epidemia? I ciechi torneranno mai a vedere?

Ho deciso di leggere questo libro per la sfida di lettura di iRead la tana del lettore, perché uno dei punti prevedeva la lettura di un libro di un autore portoghese.
Ora, l'unico libro portoghese che conoscevo era Sostiene Pereira, di cui avevo letto alcuni stralci diverso tempo fa e che non mi aveva entusiasmato più di tanto. Così quando ho letto le recensioni e i pareri positivi su Cecità, mi sono convinta che potesse essere una valida alternativa.
La trama mi è sembrata subito molto interessante e, infatti,ve lo anticipo, è l'unica cosa che salvo completamente.
Ma andiamo con ordine.

Direi di cominciare proprio dalla cosa che più mi ha colpito, che come vi dicevo è la trama.
Quando ho letto di cosa avrebbe trattato il libro mi è sembrata subito un'idea geniale e decisamente diversa dal solito.
La storia mi ha incuriosito e mi sono chiesta immediatamente in che modo l'autore avrebbe approfondito l'intera vicenda. E, in effetti, devo dire che ci sono degli sviluppi davvero interessanti e inaspettati, come ad esempio la presenza di un'unica persona ancora in grado di vedere.
Questo, infatti, è l'espediente che più mi ha colpito perché è proprio attraverso la moglie del dottore che riceviamo la maggior parte dei dettagli su quello che accade.
La narrazione procede in terza persona e segue il punto di vista di un narratore onnisciente, che spesso divaga dal tema principale, fornendo non pochi spunti di riflessione sugli argomenti più vari (ovviamente, sempre legati a quello che è il filone principale).
Questo narratore, però, sfrutta il punto di vista di vari personaggi per raccontare i diversi fatti che avvengono durante la quarantena e anche dopo la liberazione.

Le descrizioni sono ben rese, fornendo al lettore diversi particolari rilevanti e importanti per la narrazione ma, a volte, l'autore sembra perdersi in dettagli che non servono a nulla e che finiscono solo per creare confusione.
Come crea confusione il fatto che nessun personaggio ci viene presentato con il suo nome. Abbiamo infatti: la moglie del dottore, il dottore, il primo cieco, la moglie del primo cieco, la ragazza dagli occhiali scuri e via così. L'autore giustifica il fatto dicendo che quando si è ciechi, il nome non ha importanza, ma nel lettore (o per lo meno in me) questo ha generato un grandissima confusione. Perché, è vero che ricordarsi un nome, quando i personaggi sono molti non è semplicissimo, ma neanche in questo modo si è molto facilitati.

In ogni caso, sulla caratterizzazione generale dei personaggi, non ho nulla di negativo da dire. Anzi ho trovato che, problematica del nome a parte, tutti i protagonisti siano resi molto bene e facilmente identificabile anche dai dettagli più piccoli, come ad esempio il modo di parlare.

A proposito di "parlato", ciò che più mi ha disturbato in questa lettura è l'uso della punteggiatura, in particolare nel discorso diretto.
Saramago, infatti, fa un largo uso delle virgole (,) ma sembra non apprezzare molto tutti gli altri segni di interpunzione, fatta eccezione per un punto (.) che compare ogni tanto, quando la frase si fa decisamente troppo lunga.
Le virgolette ( "..." ) che indicano il discorso diretto sono sostituite dalle virgole e l'inizio di un dialogo si intuisce solo dalla presenza della lettera maiuscola. A me questo ha generato non poche difficoltà non solo di lettura, ma anche di comprensione, perché, ad un certo punto non riuscivo più a capire quando c'era un discorso diretto e quando no, ma soprattutto chi stava parlando e che tono aveva la frase.
Ci sono altri due dettagli che mi hanno un po' destabilizzato: il fatto che Saramago vada molto raramente a capo e la presenza piuttosto frequente di un improvviso cambio di tempo narrativo.
Non che sia un problema di gravità eccessiva, ma devo ammettere che in certi punti mi ha spezzato la lettura e mi è sembrato che stonasse con tutto l'insieme.

Diciamo che, molto semplicemente, questo libro non mi ha convinto al cento per cento ma, allo stesso tempo, non mi sento di sconsigliarlo completamente.

Il mio voto è:
✰✰ e mezzo
2,5/5

Alla prossima!

Silvia

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